martedì 31 maggio 2011

Vivi per Sognare e Lavora per Fare


In queste due ultime settimane si avvertiva nell’aria qualcosa di nuovo, di diverso. Anche qui a Sudest. Come se il vento primaverile portasse una nuova volontà: quella del cambiamento.
Nel pomeriggio di ieri sia Milano che Napoli, ma anche Cagliari e Novara hanno detto basta! Hanno messo un punto importante in una pagina di storia politica che negli ultimi anni ha deluso e rattristito molto e molti sia per i toni che per i contenuti.
Chi ha vinto non è semplicemente la sinistra o la coalizione opposta al Governo centrale, ma la voglia di cambiamento.
La gente è predisposta al cambiamento anche se spesso non ha voglia di cambiare. Ma la legge del “lavoro guadagno e pago pretendo”, oggi più di ieri impera ovunque, soprattutto laddove regnano difficoltà legate al reddito, all’occupazione che poi si ripercuotono per forza di cose nella vita sociale.
A questa legge preferisco la mia, quella del “vivo per sognare e lavoro per fare” e per fare è indispensabile cambiare. Sempre!
La volontà del cambiamento è maggiore dove si respira un’aria meno provinciale, dove la realtà ti costringe a non credere che veramente tutto gira intorno a te.
Infatti, questo non succede a Ragusa, dove si annulla qualsiasi orizzonte e la mancanza di progettazione, volgarmente viene definita ragusanità.
Chi non sogna muore lentamente. Chi non ha una visione, tace, annuisce e si accontenta.
Non si esprime un parere politico guardando a quello che si è ha fatto o si è capaci di fare, mettendoci la propria personalità, ma per altre ragioni che sfiorano la realtà.
Ragusa è una bella città, anche se si viveva meglio cinque anni fa, c’erano meno rotonde e più centro storico, più occupazione e meno periferia.
La voglia di cambiamento è un segnale positivo di questi giorni.
A Ragusa l’unica voglia di cambiamento che pervade è quella delle auto e delle scarpe, lo dice anche il Sole 24 Ore, perché apparire è più facile di essere e anche la Chiesa, che qui è capace ancora di dare indirizzi (politici e non), sembra indifferente a tutto, eppure la Caritas ogni anno misura l’incremento delle famiglie povere, ma evidentemente questo è secondario.
Il fatto è che qui tutto arriva dopo, perciò anche il ritardo diventa fisiologico.
Tuttavia, la voglia di cambiamento arriverà. Prima o poi arriverà! Probabilmente uscirà da una concessionaria d’auto della zona industriale o da un negozio di scarpe di via archimede.