lunedì 16 aprile 2012

Cultura d’Impresa: Agire nella Forma


Da quando ho iniziato la libera professione sono stato a contatto con diverse realtà aziendali di differenti dimensioni sia per numero di occupati che per fatturato.
Quasi sempre il mio entrare a contatto con l’azienda significa arrivare fino al cuore del management, per mettere a fuoco se e cosa funziona, per poi intervenire. Il marketing, infatti, prima di essere prodotto è organizzazione.
Ciò che ho notato, e che uniforma un po’ tutte le organizzazioni, è la totale assenza di almeno tre elementi fondamentali: la leadership (chi guida), la scarsa propensione a fare gruppo (lavorare in squadra) e la gestione dei tempi, (le priorità: cosa è più importante fare subito e cosa si può rimandare).
Queste soft skill non possono essere sottovalutate da nessun punto di vista, pertanto devono essere integrate necessariamente alla formazione istituzionale. Devono diventare parte integrante dei corsi di studi, così come la storia, la geografia, la religione.
La scuola deve relazionarsi di più con le aziende. Ci deve essere una maggiore apertura tra imprese e sistema formativo: dall’istruzione primaria a quella secondaria, per arrivare all’università.
Quindi, non solo all'università!
La cultura aziendale/imprenditoriale deve partire dalle elementari e poi gradualmente arrivare all'università dove dovrebbe avere un'importanza notevole al pari (almeno) delle altre discipline!

venerdì 13 aprile 2012

Elogio dell’Inutilità che Scoraggia


La creatività ha fatto del popolo italiano un elemento di assoluta riconoscibilità. In tutto il mondo lo stile Italia è riconoscibilissimo nel design, nell'immagine, nella comunicazione e anche nel marketing.
L'ennesima prova di quanto i governanti (la politica) siano distanti dai loro governati (i cittadini) sono le campagne elettorali.
In questi giorni le loro facce appaiono nelle pareti e nei posti più assurdi. Sembra quasi una gara tra chi riesce a fare più schifo: i balconi più gettonati sono quelli dei posti in cui si concentra il maggior numero di persone fregandosene altamente del contesto attorno.
I contenuti? Inesistenti, privi di gusto, le solite banalità. Quando ne vedo qualcuno sembra che in Sicilia, negli ultimi 40 anni, non sia cambiato nulla, fatta eccezione per l’avvento di facebook e twitter. Incredibile, tutti o quasi hanno un proprio profilo e tutti ti invitano a seguirli, anche se poi ti accorgi che riportano le stesse banalità già viste e sentite o, nella migliore delle ipotesi, l’attivismo è tanto ben strutturato da non riconoscere né lo stile né il candidato stesso perché i profili sono gestiti dall’esperto di turno arruolato per l’occasione.
Sicuramente oggi una campagna deve mettere in relazione tutti questi strumenti, ma in questo caso stiamo parlando di carrozzeria. Per arrivare a destinazione occorre il motore che spinga fino al cuore della gente: e questi sono i contenuti.
Un po’ di retorica. I nostri antenati ci hanno lasciato un’eredità culturale di un valore inestimabile, basta guardarsi attorno: i palazzi, certe case, le chiese, i centri storici, le opere d’arte.
Bellezza allo stato puro di cui oggi ne godiamo ammirandoli ma allo stesso tempo ne viviamo, in quanto grazie al turismo alcuni sono diventati attrattori capaci di produrre reddito.
E oggi? Cosa stiamo creando per il futuro delle nostre città? Cosa ci aspetta? Cosa stanno immaginando? Il risultato lo si può contemplare nelle campagne elettorali, negli spazi che gli idioti dell'orrore di turno si apprestano ad occupare, prima con le loro facce e poi con i loro sederi nelle stanze dei bottoni.
Un auto elogio all'inutilità che scoraggia parecchio!

martedì 10 aprile 2012

Consigli per i Manager dei Centri Commerciali


I centri commerciali soffrono tutti. Proprio così. Anche loro. Soprattutto loro!
E stanno soffrendo non solo per il calo dei consumi, ma perché sono diventati dei luoghi tristi, dove ci sono negozi tristi che con commesse tristi trasformano anche i prodotti in prodotti tristi.
Più che mete delle shopping sembrano proprio cattedrali vuote all’ultimo stadio della malattia.
Cosa possono fare?
Regalare felicità. Il contrario della tristezza che sprigionano da tutti i pori. Proprio tutti! Dagli spazi esterni privi di verde a quelli interni disabitati perché chi ha potuto è fuggito, o non sono mai stati affittati.
Dai negozi vuoti, al vuoto impresso nelle facce dei negozianti.
Ma cosa possono fare?
Gli attori principali di un centro commerciale sono i negozi, in quanto rappresentano “l’offerta” in generale e quindi la risposta ai consumi.
Sono tutti uguali! Incredibile, ma la formula del franchising ha reso uguali tutti i centri commerciali. I soliti marchi, le solite vetrine, i soliti prodotti, le solite commesse addestrate per rompere i maroni di chi si azzarda a valicare l’atrio.
Quindi, la prima risposta potrebbe essere “Diversificare l’Offerta”.
La seconda è “Renderli Felici”.
Come? Regalategli felicità, tranquillità, serenità.
In questo periodo, per esempio, azzerando i canoni di affitto. Fatelo almeno per 2 anni. Se proprio non potete, riduceteglieli di due terzi, dimezzataglieli almeno!!!
Incentivate i Creativi! E cioè chi vuole tentare nuove strade e si preoccupa degli alti costi di gestione, non fateglieli pesare, regalategli lo spazio per 2 anni. Senza clausole.
Uno spazio vivo è meglio di uno morto!
Uno spazio attivo può servire da traino anche agli altri.
Create e diffondete una cultura dell’accoglienza basata sul locale. Sull’identità e la cultura del posto che ospita il centro commerciale.
Chi entra in un centro commerciale deve sentirsi bene, deve poter trovare quel sorriso che solo certi negozi di provincia offrono.
Più umanità e meno snobismo che tradotto vuol dire più confidenza e meno distanze. Più locali e meno globali. Più sorrisi e meno bronci!
I centri commerciali non funzionano più perché producono infelicità. È questo il punto da cui partire!

giovedì 5 aprile 2012

La Tua Creatività Dorme, Non è Fuggita Altrove


Da sempre gli italiani sono stati considerati un popolo di creativi.
Lo stile italiano nel mondo, oltre ad essere riconoscibile, ha fatto la storia proprio per questo essere differente.
Essere differenti non vuol dire solo pensare differente. Non è solo una questione di apparire o di farsi percepire, ma di fare. Ideare. Progettare. Realizzare.
Ci siamo cinesizzati troppo negli ultimi anni e anche affrontare questo periodo di crisi reale è diventato più difficile anche perché non stiamo usando la nostra parte creativa.
Pensiamo cinese e operiamo cinese. Stiamo copiando. Stiamo aspettando che qualcuno inventi la soluzioni per applicarla. Ma non è così e non arriverà nessuna soluzione da nessuna parte.
Non ascoltiamo più. Dai confronti ne usciamo pensando sempre che abbiamo ragione noi e che gli altri non capiscono un cazzo.
Ed è questo l’errore più grande che, insieme all’essere cinesizzato, ha messo in letargo la creatività.
Dobbiamo cercare negli altri la chiave di lettura, non dall’esterno ma dall’interno. Dall’interno vuol dire facendo Gruppo. La forza nasce dall’interscambio, dal sostenersi l’uno con l’altro. Dall’ascolto e dal rispetto.
Anche quelli che stanno al piano sotto possono aiutarti.
Quelli che spesso pensano di non sapere sono coloro che chiedono, guardano e ascoltano. Tu lo stai facendo?
Per una volta prova a far scegliere qualcun altro.
Non è facile, lo so! Ma può aiutarti!