Un'ombra si profila sull'ospitalità italiana, dove sembra che tendiamo a sfruttare i turisti, una realtà che discorda profondamente dall'immagine tradizionale dell'Italia come terra di accoglienza.
Attualmente, nel contesto turistico, l'Italia si trova in una posizione inferiore rispetto alla Grecia e si colloca alla pari con la Turchia. È un fatto che dovrebbe suscitare riflessioni profonde. Nonostante il nostro ricco patrimonio culturale, l'Italia risulta essere il luogo in cui i viaggiatori trascorrono meno tempo.
E in Sicilia, nun cugghiuniamu! Recentemente, al desk di accoglienza di un servizio di noleggio auto, ho assistito a un episodio significativo. Una receptionist, nel tentativo di fare un gesto di cortesia nei confronti di un cliente giapponese, si è offerta di chiamare un taxi per accompagnarlo al suo hotel, distante solamente 2 km. Tuttavia, la richiesta di 20 euro per un tragitto così breve e l'attesa di venti minuti hanno spinto il turista a preferire una tranquilla passeggiata, rinunciando all'offerta. Questo episodio è solo un esempio di come talvolta trattiamo i turisti, un comportamento che si discosta nettamente dall'immagine di accoglienza di cui ci vantiamo.
Cosa possiamo fare per migliorare la situazione? Concedere maggiore libertà agli imprenditori desiderosi di offrire servizi potrebbe essere la chiave. Ciò non solo creerebbe posti di lavoro, ma contribuirebbe anche ad ampliare e migliorare l'offerta turistica. Tuttavia, la burocrazia attuale si erge come un muro insormontabile, con istituzioni che sembrano ostacolare più che sostenere. È imperativo un cambiamento che comporti l'abolizione di numerosi passaggi burocratici.
L'accesso alla nostra regione, nel Sudest della Sicilia, è notevolmente complicato. L'ideale sarebbe un aeroporto a 30-40 minuti di distanza, ma le opposizioni e la "guerra dei no" rendono difficile realizzare questo obiettivo. Sebbene Comiso potrebbe rappresentare una soluzione, la limitata disponibilità di voli lo relega in secondo piano, con Catania che rimane l'aeroporto di riferimento. I 150 km che ci separano da Catania, diventano un ostacolo significativo per località come Scicli, Modica o Ragusa.
La scelta di queste destinazioni è spesso scoraggiata dai costi proibitivi dei taxi e dalla mancanza di collegamenti efficienti. Di conseguenza, chi opta per un weekend tende a fermarsi a Catania o, al massimo, a Siracusa.
Gli aeroporti siciliani dovrebbero essere più accoglienti e senza attese infinite. L'esempio di efficienza offerto da Malta, nelle vicinanze, dovrebbe essere preso seriamente in considerazione. L'avvio di collegamenti in catamarano tra Marina di Ragusa e La Valletta potrebbe aprire la strada a un nuovo aeroporto di riferimento?