domenica 27 novembre 2011
Le Corse Mentali
Mi piace correre. Sentire il corpo, la fatica, il sudore sulla fronte.
E nelle ultime settimane l'ho fatto spesso insieme a Peppe, un mio amico.
Ieri abbiamo vissuto un'esperienza che merita di essere citata in questo blog perché ha del singolare che voglio descrivere, per parlare delle abitudini e della loro tendenza a disegnare limiti.
Mi piace correre ma non amo girare intorno, quindi non mi piacciono i circuiti predefiniti. Sono monotoni e non mi rilassano. Piuttosto mi annoiano, perché sono limitati.
Da qui la prova che, tutto ciò che provoca noia genera scarsi risultati.
E ieri lo abbiamo provato, insieme a Peppe.
Dopo aver fatto il solito giro, dato che era pomeriggio (solitamente corriamo di sera, ma ieri no!) abbiamo deciso di cambiare percorso, inoltrandoci per una salita asfaltata, che poi è diventata trazzera e dopo un po' terra battuta, fino a farci perdere quasi l'orientamento.
Eravamo su una collina, in mezzo alla natura, tra carrubi, ulivi e mandorli. Seguivamo i muri a secco e i nostri corpi andavano alla grande.
Senza neanche accorgercene abbiamo superato il nostro miglior tempo.
All'arrivo eravamo molto soddisfatti perché avevamo solcato nuove strade, visto nuovi posti, sentito altri odori e superato i nostri limiti. E questo grazie alla curiosità, al non accontentarsi di girare intorno (come criceti), alla volontà di sfidare il nuovo...
Vi ho raccontato questo, perché ciò che abbiamo fatto ieri con la corsa è una metafora perfetta per la nostra vita, il lavoro, la famiglia.
Le abitudini ci uccidono lentamente, giorno dopo giorno. Per cui è meglio imparare a riconoscerle e a distinguerle fra quelle positive e quelle negative, cercando di concentrarci sulle seconde per annullarle.
Sfidare i limiti è possibile farlo solo se si è curiosi, se non ci si accontenta di girare intorno, se si ha la volontà di cambiare. A volte basta cambiare strada per trovare nuovi territori e nuova luce per la vostra vista.
Non fatevi fregare dall'abitudine.
Grazie Peppe. Per tutte le corse mentali.
I Campioni Non Nascono in Palestra
C'è una frase per cui viene ricordato uno dei campioni di boxe che è rimasto nella storia. Questa frase comincia con il titolo del post ed è di Muhammad Ali.
Mi piace perché, come spesso capita, certe teorie, se isolate dai contesti di riferimento, possono essere applicate facilmente alla realtà che ci circonda.
I campioni non nascono in palestra. I campioni sono fatti di qualcosa che hanno dentro, nel profondo: un desiderio, un sogno, una visione. Devono avere l'energia per l'ultimo minuto, devono essere un po' più veloci, devono avere la pratica e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte della pratica.
La volontà deve essere più forte della pratica. La volontà.
Promettetevi di fare a voi e agli altri e mantenete le promesse. Sempre.
martedì 22 novembre 2011
Shopping Experience in un Apple Store
Se entri in un Apple Store, già dall’atmosfera che ti avvolge, capisci di non essere in un negozio comune. È suddiviso in aree, quindi trovi quella dell’Ipod, dell’Iphone, dell’Ipad e così via. Poi ci sono quelle del Training e dell’assistenza. Sparsi in giro, nelle varie aree, ci sono dei POS (lo strumento che serve per i pagamenti con carte di credito o bancomat). Questa precisazione tienitela per dopo.
Se hai bisogno di informazioni trovi in giro dei ragazzi (mi piace chiamarli AppleBoy o AppleGirl), tutti muniti di un palmare che assomiglia ad un Iphone e che è il loro strumento (ci fanno di tutto e controllano tutto). Gli AppleGirl e gli AppleBoy sono sempre pronti a rispondere ad ogni tua domanda e non stanno più di un’ora nella stessa area (altro che catena!).
Se decidi di acquistare comincia il bello, o meglio l’esperienza di acquisto.
Quando l’AppleGirl si è assicurata delle tue intenzioni di acquisto, ti chiede il nome che prontamente scrive sul suo palmare e comincia ad approfondire anticipandoti le domande. D’altronde gli argomenti di vendita nel 90 per cento dei casi accomunano tutti i potenziali consumatori.
Nel frattempo lei digita il modello che vuoi, il colore ecc. e inizia a parlarti dell’estensione di garanzia e della sua importanza (questa vendita di un servizio in abbinata ad un prodotto si chiama cross selling). Il suo obiettivo è convincerti che non ne puoi fare a meno.
Ad un tratto, tutto sorridente vedi arrivare un altro AppleBoy che ti porge la mano e ti saluta chiamandoti per nome (l’informazione l’ha ricevuta tramite il palmare), ti fa i complimenti per aver acquistato il prodotto, il modello e il colore che hai scelto. Te lo consegna, ponendolo sulle tue mani e facendoti già sentire il proprietario di un oggetto che ancora non hai pagato.
Il passo successivo è la custodia (e siamo a 2 vendite incrociate), quindi visita alla parete degli Accessori dove sono esposte tutte le custodie disponibili (che su ebay trovi a meno della metà della metà) che scegli di comprare perché sei entrato nel vortice del protagonismo Apple.
Ed è giusto così, perché i loro marketer lavorano per questo, sono pagati per questo e vivono per questo: un tuttuno!
La AppleGirl nel frattempo si guarda intorno e quando individua un’area libera (può essere quella dei PC o degli Imac, l’importante è che ci sia poca gente) ti prende per mano (o quasi, perché ormai siete in ottimi rapporti) e ti accompagna (tu hai le tue spese in mano, senti che ogni oggetto è già tuo, anche se ancora non lo è), chiedendoti con molto garbo come hai intenzione di pagare. L’obiettivo loro è farti usare la carta (perché è più veloce). Considera che attorno c’è sempre gente che prova, smanetta, gioca con i prodotti in esposizione. La scelta della postazione più libera, quindi, è dettata dal poter gestire con calma e riservatezza la conclusione dell’acquisto.
Ciò vuol dire che non c’è una cassa. Manca la figura del cassiere. La vendita comincia e finisce con la stessa persona che ti accompagna in una sorta di viaggio nell'Apple Store.
E’ il momento del POS (ecco perché ce ne sono così tanti in giro) che conclude la procedura di acquisto e mette la AppleGirl in condizione di portare a termine il suo dovere… (che non è semplicemente basato sulla vendita del prodotto di tuo interesse, ma anche nel presentarti agli altri AppleBoy, farti girare il negozio e venderti minimo anche l’estensione di garanzia e la custodia. Se poi è brava e ti prende al momento giusto può rifilarti una docking station o qualche altro accessorio originale).
A quel punto, prima di salutarti ti spiega che da quel momento iniziano i primi approcci con il tuo nuovo acquisto, quindi ti dirige verso l’area Training e ti lascia nelle mani di un altro AppleBoy che si occuperà di insegnarti ad usare il prodotto.
Inizializzerà ciò che hai comprato avviandolo, ti farà l’aggiornamento, trasferirà i dati che vuoi, ti imposterà l’email ecc. Tutto quello che vuoi per non farti sentire solo, dopo l’acquisto.
Sempre con garbo, self control e sorrisi… anche quando ti mostri insofferente e scocciato per l’attesa (che in un festivo quando il negozio pullula di gente è anche giustificata) riescono a farti sentire al centro dei loro pensieri (anche se ci sono altre 3 o 4 persone come te in attesa di…). Puoi metterli alla prova!
L’esperienza di acquisto all’Apple Store è perfetta. Memorabile. Unica nel suo genere.
Tutto è studiato per farti sentire al centro dell’attenzione, per farti entrare da protagonista nel mondo Apple seguendo i loro ritmi (con argomenti di vendita basati sui plus che vuoi sentirti dire) e i loro movimenti (ti fanno girare il negozio come in pochi sanno fare).
Ti fanno realmente sentire al centro della scena. L’aver pagato lo dimentichi facilmente (almeno fino a quando non ti arriva l’estratto conto).
Questi sono tutti elementi di base per convincerti ad acquistare, a parlarne con gli amici e a diventare l’attore di un film, un membro di una tribù in un mondo fatto solo di persone che CREDONO di pensare differente. Che bella illusione!
mercoledì 16 novembre 2011
Niente Finisce. Tutto Comincia.
Non finisce mica il mondo dove finiscono le strade.
Oltre c’è sempre un paesaggio. Una visione. Tocca a te decidere se camminare per avvicinarla o fermarti lasciandola all’orizzonte.
Finisce la strada ma non finisce lo spettacolo. E lo vedi. Ce l’hai davanti. Non puoi negarlo. Scegli se diventare il protagonista della scena.
Scegli se sporcarti i piedi o stare a guardare.
Attenzione non sto scrivendo di ruoli di primo piano a tutti i costi. Tutt’altro.
Vivere è non accontentarsi della normalità.
A chi non ha paura non finiscono mai le strade.
Imparate dai bambini e dalla loro visione per capire quanto sia vero il concetto rinchiuso in questa frase.
Non è un passo indietro.
È cercare di riscoprire la purezza del nostro Essere al di la delle paure. I bambini non conoscono la paura. E nemmeno il mondo.
Grazie a Luca Carboni, per la canzone che ha ispirato questo post.
lunedì 14 novembre 2011
Che Cos’è il Benchmarking
La parola chiave che sta dietro il concetto di benchmarking è confronto.
Per definirlo in tre parole, fare benchmarking vuol dire, monitorare il proprio andamento rispetto ai concorrenti.
L’andamento può essere relativo alla vendita di prodotti o servizi, ma anche, in termini organizzativi, alle procedure aziendali.
Il fine è l’ottimizzazione delle performances, sia produttive che organizzative, anche se tra le due aree c’è sempre un punto di convivenza.
Il benchmarking è una leva del marketing, quello più puro, scientifico e apparentemente meno tangibile. Si potrebbe osare dicendo che è una sorta di “dietro le quinte”, ovvero ciò che non si vede, ciò di cui nessuno parla, ma che senza la sua funzione lo spettacolo non potrebbe andare in scena.
L’oggettivo confronto e la misurazione servono a produrre punti di riferimento chiari che devono essere necessariamente condivisi al fine di “produrre” cultura aziendale.
Il benchmarking si basa almeno su 4 indicatori ben precisi e facilmente misurabili, applicabili a tutte le aziende con cui si vuole fare il confronto:
- quanto viene prodotto;
- in quanto tempo;
- come viene prodotto qualitativamente (tenendo in considerazione la soddisfazione del cliente);
- quanto costa;
Il benchmarking viene quasi sempre condotto da consulenti esterni o società specializzate in ricerche che per redarre i loro report si avvalgono di focus e interviste.
Periodicamente, a seconda dell’obiettivo e della tipologia dell’azienda, può essere svolto mensilmente, bimestralmente o anche estemporaneamente (legato ad un progetto specifico). Dipende sempre dagli obiettivi che si intendono raggiungere, per questo il fattore temporale non può essere sempre uguale.
Uguale, invece, è il fine del benchmarking: serve a costruire strategie di miglioramento.
sabato 12 novembre 2011
Analizzare un Sito Web
Si sarebbe tentati di credere che qualsiasi sito web possa diventare una macchina a ciclo continuo di profitto. Non è proprio così, infatti, prima di investire i vostri soldi e il vostro tempo per un sito sarebbe opportuno porsi alcune domande:
1. A quanto ammontano i Ricavi (in termini di entrata monetaria o fatturato) per visita (RPM)? Per ogni mille visitatori quanti soldi ricava il sito (per annunci pubblicitari o vendite)?
2. A quanto ammontano i Costi da sostenere per ottenere una visita e cioè i costi per promuovere il sito? Il sito usa Public Relations o annunci on-line oppure richieste di affiliazione per promuoversi? Se sì, quanto è il rendimento di questi strumenti di promozione?
3. Potete contare su un coefficiente “virale” (cliente che porta altri clienti; passaparola)? Gli attuali visitatori possono portare nuovi visitatori attraverso il “passaparola” o un effetto sistema, rete (network). Quanti nuovi visitatori ogni utente esistente può portare? (Suggerimento: è inferiore ad 1. Se fosse superiore ad 1 allora ogni persona del pianeta potrebbe essere da subito un visitatore del sito.). Questo numero raramente rimane costante. Prendiamo ad esempio il coefficiente “virale” di Twitter: all’inizio era molto piccolo, poi ha avuto una scalata impressionante (Oprah!) verso l’alto come raramente si vedono ed ora ha ricominciato nuovamente la sua discesa verso il basso.
4. Quanto è il costo di un visitatore? A mano a mano che aumentano i contatti è necessario implementare un servizio clienti, o potenziare il server (o aggiungerne altri) o comunque sostenere altre spese rispetto a quelle iniziali?
5. Il sito ha già degli affiliati o utenti? C’è una grande differenza tra “drive-by visit” (l’utente viene automaticamente reindirizzato in un sito che non ha scelto) e users registrati. Questi utenti pagano una somma di denaro, tornano spesso sul sito, hanno qualcosa da perdere se cambiano?
6. Quale è la base del consenso (e quindi dell’affidabilità del sito) e come si evolve nel tempo? L’unico asset, l’unico patrimonio aziendale che può essere attendibilmente costruito online è proprio il consenso degli utenti e l’affidabilità del sito. L’attenzione nel web è scarsa ma è proprio il consenso degli utenti che permette di consegnare e diffondere messaggi tempestivi, personalizzati e rilevanti a persone che vogliono riceverli. Il consenso in questa ottica è facile da misurare ma difficile da costruire.
Analizzate bene le imprese online che hanno avuto successo e confrontatele con quelle che lottano per sopravvivere e questi 6 parametri vi aiuteranno a capire la differenza. Per esempio, se il ricavo per visita è inferiore al costo sostenuto per ottenere un nuovo visitatore, è un problema. Se il sito fa affidamento su mode passeggere o su occasionali PR e non sta costruendo una rete di consenso e di affidabilità, è un altro problema.
La buona notizia è che ciascuno di essi può essere modificato se siete consapevoli e disposti a fare interventi sul modello di business e sulla struttura del sito.
La struttura ideale è un business che sia una piattaforma, non solo un luogo di sosta occasionale, un posto qualsiasi in cui soffermarsi un attimo.
Una volta che le persone hanno visitato il sito e scelto di diventare membri, essi saranno riluttanti a lasciarlo, condivideranno il loro affidamento nel corso del tempo, lo racconteranno ai loro amici e per il sito allora si innalzeranno i ricavi per visita e si abbasseranno i costi necessari per ottenere nuovi visite, conquistare nuovi visitatori. La domanda cruciale è: siete su questa strada?
Grazie a Seth G. per aver scritto e a Maurizio O. per aver tradotto questo post che condivido con molto piacere.
martedì 8 novembre 2011
Il Tuo Tempo è Solo Tuo
Il tuo tempo non può essere di qualcun altro, soprattutto se non lo vuoi, se non lo desideri.
Il tuo tempo presente disegnerà il tuo tempo futuro, quindi non puoi fare oggi ciò che non ti piace, che non desideri.
Ciò che sogniamo per il nostro futuro non può non riguardare il presente e le azioni che ogni giorno compiamo.
È un po’ come se, consapevoli che il pieno del serbatoio ci basta SOLO per coprire la distanza che ci separa dalla meta, ci mettessimo a girovagare deviando e allungando il percorso. Qual è il rischio? Che non arriveremo mai a destinazione.
Il gasolio è il tuo tempo.
Impara a gestirlo. Per il bene dei tuoi sogni.
lunedì 7 novembre 2011
Focalizza l'Obiettivo
Hai chiari gli obiettivi?
Li hai scritti?
Hai disegnato il loro "profilo" su un pezzo di carta?
Se non lo hai fatto, non ti sposterai un centimetro da sotto l'albero in cui hai trovato riparo.
Affideresti mai la realizzazione della tua casa ad un ingegnere che durante gli incontri non ti ha mai mostrato nulla: un progetto, un disegno, i materiali da utilizzare per le fondamenta, quelli per la muratura, per il risparmio energetico ecc.
E non venirmi a dire che ce li hai ben chiari in testa perché non funziona. Altrimenti dovresti fidarti dell'ingegnere...
Quindi?
Comincia da subito a scrivere. Parti dall'idea generale, poi descrivila nei dettagli, anche quelli più banali e disegna, traccia, definisci i particolari e vai...
I tuoi obiettivi sono traguardi. Scriverli è il punto da cui si parte. Il percorso è la tua strategia.
Non esiste gara se non c'è una partenza e un arrivo. L'atleta deve conoscere entrambi i punti e il percorso da fare per tagliare il traguardo.
mercoledì 2 novembre 2011
La Formazione è Crescita
Agire nella forma.
Modellarla, mallearla, come si fa con un blocco di pietra o di sabbia che, pian piano, colpo dopo colpo, mano dopo mano prende forma fino a diventare immagine, sogno, realtà.
E' facile per uno scultore, lo è ancora di più per tutti noi che non abbiamo la vocazione di agire nella forma della materia, ma nella forma della sostanza.
E la sostanza è il nostro essere!
Agire nella sua forma, vuol dire formazione, imparare, crescere in termini di conoscenza.
L'aggiornamento continuo è un must!
Si dice così per intendere che è un dovere a cui nessuno si può sottrarre se si ha la consapevolezza di non voler regredire.
Formazione vuol dire benessere.
Grinta, voglia di fare e fuoco negli occhi servono, ma non bastano, per emergere in un mercato così complesso com'è quello in cui ci riproduciamo.
La conoscenza, la formazione e la crescita sono indispensabili ai singoli ed ai gruppi, agli imprenditori e alle famiglie perchè, come canta Mengoni, tanto il resto cambia...
Iscriviti a:
Post (Atom)