Mi viene facile scrivere questo post almeno per 2 motivi: il primo è perché non ho dipendenti ma solo collaboratori; il secondo è perché sono stato più volte dipendente e quindi ho vissuto in prima persona ciò che scrivo.
L’essere ripreso dal capo, ricevere un richiamo, farsi correggere, avere indicazioni è il minimo che può capitare quando si lavora per qualcun altro. È educativo, costruttivo e arricchisce senza impoverire qualcun altro.
La conoscenza è l’unica “materia” transitiva, quindi capitalizzatela e donatela sempre. Non temete che vi possano rubare la vostra specialità perché c’è una netta differenza fra tecnica e arte. La conoscenza è tecnica, l’arte è applicare la tecnica con il cuore. E ognuno ha il suo!
Il messaggio. C’è un momento preciso in cui il dipendente deve preoccuparsi ed è quando nessuno correggerà il suo errore. I suoi sbagli non saranno oggetto di nessuna discussione. Sono segnali chiari. Al capo non interessa più. C’ha rinunciato. Ha perso le sue speranze. Ha già cominciato a spulciare fra i curriculum della sua scrivania.
Quindi mostratevi sempre aperti. Siate delle spugne pronte ad assorbire conoscenza e se non state bene attuate il piano B. Il lavoro di un dipendente solitamente implica un impegno di 8/10 ore al giorno, per cui sarebbe opportuno che ognuno facesse qualcosa di piacevole, che renda felici, che dia soddisfazione e che al ritorno a casa abbia ancora tanta positività da distribuire…