mercoledì 23 aprile 2025

Città barocche, rifiuti in scena: un equilibrio possibile?








Passeggiando tra le vie del centro storico di Scicli, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO e sempre più meta di un turismo colto e consapevole, si è avvolti dalla bellezza barocca dei palazzi, dalle luci dorate della pietra e dalla vivacità dei vicoli. Tuttavia, un elemento ormai diventato parte integrante (e dissonante) del paesaggio urbano rischia di compromettere questa armonia: i mastelli per la raccolta differenziata.

Introdotti con lodevole intento ecologico, i contenitori per i rifiuti rappresentano oggi, in molte strade del centro, un ingombro visivo quotidiano. Disposti ovunque, davanti agli ingressi di abitazioni private, esercizi commerciali e attività turistiche, questi mastelli spesso restano in bella mostra, allineati come sentinelle del disordine. E così, a poco a poco, ci si abitua. Ci si abitua a vederli ovunque. Ci si abitua a non vederli più. Ma l’abitudine, si sa, è sorella della cecità.


Non si tratta di fare polemica né di negare l’importanza della raccolta differenziata, ormai imprescindibile per una città che guarda al futuro. Si tratta piuttosto di interrogarsi su come coniugare decoro urbano e sostenibilità ambientale, specialmente nei contesti di pregio storico e architettonico.

Molte città d’arte in Italia e in Europa hanno affrontato con successo il tema della gestione estetica dei rifiuti nei centri storici. Alcuni esempi virtuosi:

  • Mastelli mimetizzati o integrati in elementi di arredo urbano (cassette in legno, fioriere, nicchie).
  • Spazi comuni condominiali per il conferimento, fuori dalla vista pubblica.
  • Raccolta porta a porta dedicata a orari fissi, evitando l’accumulo prolungato in strada.

Scicli, con la sua sensibilità artistica e culturale, potrebbe farsi promotrice di un progetto pilota che coinvolga cittadini, amministrazione e operatori turistici. Una riflessione condivisa potrebbe portare alla creazione di un regolamento per la gestione estetica dei mastelli, in linea con il decoro urbano e con l’identità della città.


La bellezza è una responsabilità collettiva. Tutelare l’immagine della nostra città non significa opporsi al cambiamento, ma accompagnarlo con intelligenza. Scicli merita una visione che sappia guardare oltre l’abitudine e ripensare anche i piccoli gesti quotidiani, come quello di dove e come posizionare un mastello.


Le foto che accompagnano questo articolo non vogliono essere un atto d’accusa, ma uno specchio. Uno stimolo. Un invito a rivedere ciò che, a forza di vedere ogni giorno, non vediamo più.

lunedì 14 aprile 2025

Un sogno da completare


Eravamo in campagna, su una collina. Intorno a noi solo quiete, natura, e in lontananza il mare che brillava appena, come se stesse ascoltando anche lui. Era da tanto che non ci vedevamo, ma lì, in quel silenzio carico di significato, ci siamo ritrovati. Abbiamo parlato di noi, del tempo passato, delle strade percorse, delle sfide vinte e di quelle ancora da affrontare. Poi la conversazione è cambiata. Abbiamo cominciato a chiederci come fare, davvero, per cambiare lo status quo.


È stato in quel momento che mi hai detto una cosa che mi ha colpito: volevi creare qualcosa di tuo. Lasciare il lavoro da dipendente e metterti in gioco in prima linea. Volevi costruire un’impresa che ti rappresentasse, che fosse la tua voce, la tua visione. E io, senza esitare, ti ho detto che ci sarei stato. Che avrei sostenuto l’inizio, sì, ma anche camminato al tuo fianco, giorno dopo giorno, per far crescere quella realtà insieme.


Non mancava che una cosa: capire in quale ambito avremmo potuto costruire questa impresa.

E proprio mentre stavi per dirmelo, l’alba è arrivata a spezzare il sogno.


È rimasto tutto sospeso, lì, su quella collina che ora è un ricordo.


Ma io ci sono ancora. Che facciamo?


Io sono pronto. E se lo sei anche tu, forse questo sogno possiamo finirlo insieme… a occhi aperti.

lunedì 7 aprile 2025

Teoria della Continuazione


E se fosse il concepimento stesso l’atto sacro della reincarnazione? Non come semplice inizio, ma come continuità viva di due esistenze che si fondono per generarne una nuova.


In questa prospettiva, ogni vita non nascerebbe dal nulla, ma dalla fusione profonda di due storie, due energie, due memorie. Non solo il patrimonio genetico si trasmette, ma forse anche frammenti di vissuto, sogni, emozioni, intuizioni che non sanno da dove vengono ma che trovano casa in un nuovo corpo.


La reincarnazione, allora, non sarebbe un ciclo solitario di anime che si rincorrono nel tempo, ma un atto collettivo. Un passaggio di testimone. Una scintilla in cui passato e futuro si intrecciano e diventano presente.


In questa visione, il concepimento è molto più di un evento biologico: è un mistero sacro, un momento in cui la vita non inizia da zero, ma continua, trasformandosi. Ogni nuova esistenza porta in sé le tracce di chi l’ha generata — non solo nel corpo, ma nell’anima.


Forse, allora, non siamo solo figli. Siamo ponti. Siamo il punto d’incontro di chi ci ha preceduto.


Possiamo, forse, guardare alla reincarnazione non come a un ritorno individuale e separato, ma come a una fusione, una continuità fluida fra esistenze. Non più un’anima che si sposta da un corpo all’altro, ma un’eredità profonda che si intreccia — biologica, emotiva, spirituale — e si rinnova nel momento stesso in cui la vita si genera.


Se il concepimento fosse reincarnazione, allora ogni nuova vita sarebbe il punto d’incontro tra due storie, due memorie, due energie che non si estinguono ma si trasformano, si tramandano. 


Non solo i tratti genetici, ma forse anche intuizioni, desideri, sogni mai compiuti, paure antiche. La nuova vita sarebbe allora una continuazione armonica, non un inizio assoluto ma un passaggio di testimone.


In questo modo, la reincarnazione non sarebbe un ciclo solitario di anime, ma un atto collettivo, fatto di legami, di connessioni, di eredità condivise.